8 marzo 2023: Donna, vita, libertà

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“-Com’è che ha fatto la partigiana, signora?
-Per rabbia. Si, per rabbia. Coi fascisti ce l’avevo a morte, e ce l'avevo con la guerra che ci hanno fatto fare e che non finiva mai, i figli senza magna’. M’ero stufata. Non ne potevo più e me so messa a trasportare le bagnarole con la dinamite, i cesti, le borse con le bombe. Tutto quello che c’era da fare.”

 

 Di Civitavecchia erano Anna Pagani, partigiana combattente, Adelina Cima, staffetta, Nannina Brancaleoni, cuciniera; Elena Nardi, Laura Quattrini e Laura Giorgi di Albano, Clara D’Agostini, Luigia Colangeli di Genzano che nascondeva, nei viaggi sui “tranvetti” pieni di tedeschi, il materiale di propaganda o le provviste nel suo largo cappotto.

A Monterotondo, la presenza femminile era molto numerosa e con ruoli di comando (Ersilia Poletti, Dina Ferrari, Anna Betti, Maria Montefiore, solo per citarne qualcuna) ma  anche a Palestrina, dove Carla Capponi conobbe Alida Degano o a Tivoli, dove Lucia Ottobrini conobbe tante donne che "erano tutte chiuse, obbedivano. non parlavano, Però aiutavano il prossimo con certezza, soprattutto la gente che era sbandata, o partigiani. Loro stavano zitte e ti davano quello che ti serviva".

 

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, la Biblioteca Istituzionale e l’Archivio Storico ricordano attraverso il volume Donne e Resistenza nella Provincia di Roma. Testimonianze e documenti. Introduzione e cura di Simona Lunadei e Lucia Motti, Roma 1999, alcune di quelle donne che hanno fatto la differenza, anche di genere, nella guerra di Liberazione: dalle testimonianze, emergono figure e valori ascrivibili al mondo femminile che si innestano con forza e orgoglio (“Il concetto che loro hanno avuto era quello che noi dovessimo stare a fare le “fidanzate”, perché così giustificavamo la presenza dell’uomo che doveva fare l’azione, e a questo noi ci siamo ribellate tutte” Carla Capponi, medaglia d’ora al valore militare) nella Storia della Resistenza: la rabbia per non avere nulla da dar da mangiare ai figli, l’ingegnosa dissimulazione nel trasportare armi o nascondere materiale, la resistenza delle staffette nel non rivelare informazioni, l’accudimento dei propri compagni di lotta, dal cibo alle poesie, l’ospitalità e il salvataggio di ebrei,  combattenti partigiani e alleati come, ad esempio, Mary Paris, diva del cinema muto, che continuò a nasconderli e ad aiutarli nella sua villa di Albano, perfino quando i tedeschi vi  installarono il comando.

“Nostro compito particolare era quello di nascondere i ricercati, raccogliere e distribuire i viveri, vestiari e medicinali, procurare armi, tenere i collegamenti.” (Joice Lussu, Adele Bei).

 Negli ultimi anni, grazie al lavoro di ricerca di testimonianze e ricostruzioni sulla Resistenza, soprattutto ad opera di nuove generazioni di storiche, si è affiancata alla narrazione di una resistenza armata fatta di azioni di combattimento, la resistenza civile, o non armata, fatta di azioni clandestine o gesti di ribellione spontanei e quotidiani di cui è difficile recuperare la memoria.

  “Eh si, è che nun pensevi più a morte che tanto dicevamo: tanto se non moriamo oggi moriamo dimani. Tanto la morte era sicura”.

Immagini:

Seconda di copertina e Partigiani nei Castelli: Laura Quattrini, in Rass. Lazio Attualità, Numero speciale per le scuole in occasione del Trentennale della Resistenza, novembre 1973, p. 14

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