27 Gennaio 2018-"Per conoscere, per ricordare. Storia, tradizioni e costumi della comunità ebraica di Roma"
Percorso bibliografico e iconografico dai volumi della Biblioteca della Città Metropolitana di Roma Capitale, in occasione del Giorno della Memoria.
La Biblioteca Istituzionale e l’Archivio Storico partecipano alle commemorazioni del “Giorno della Memoria”, in ricordo delle vittime dell’Olocausto, con la mostra “Per conoscere, per ricordare. Storia, tradizioni e costumi della comunità ebraica romana. Percorso bibliografico e iconografico dai volumi della Biblioteca Istituzionale della Città Metropolitana di Roma Capitale”, allestita, presso i locali della Biblioteca al secondo piano di Villa Altieri, nello spazio dedicato “In vetrina”, con testi e poesie sulla vita quotidiana e le tradizioni linguistiche e, nella saletta “Reference”, con una piccola selezione di stampe e vedute del Ghetto di Roma dal 1569 al 1930 di Giambattista Piranesi, Giuseppe Vasi, Antonio Tempesta, Gaetano Cottafavi, Ettore Roesler Franz, Petri Schenkii.
Per conoscere, per ricordare
Storia, costumi e tradizioni della comunità ebraica romana
Le origini del Ghetto di Roma risalgono al XVI secolo per volontà del Papa Paolo IV, quando, in seguito alla bolla papale del 14 luglio 1555, impose rigide norme per gli Ebrei residenti nello stato pontificio. L’obbligo di vestire di grigio, di avere dimora solamente nella zona della città assegnata, la più povera, anche se la più commerciale, esattamente sulla sinistra del fiume Tevere. Qui In questa zona, detta “serraglio degli ebrei”, fu creato un muro con due porte che in seguito furono aumentate a tre, poi a cinque ed infine ad otto. Da esse, gli abitanti del ghetto potevano uscire soltanto di giorno ed esclusivamente ostentando un particolare contrassegno.
A lungo gli Ebrei furono discriminati, esclusi dalle cariche pubbliche, privati di ogni mezzo di istruzione e cultura, impossibilitati a possedere immobili ed ad esercitare attività di commercio, se non quelle di pescivendoli, straccivendoli e rigattieri. Venivano ritenuti dal “popolino” superstizioso, maghi e stregoni.
Nel 1572 Gregorio XIII decretò che il sabato i membri adulti della comunità fossero costretti ad assistere settimanalmente, alle cosiddette “prediche coatte”, il cui scopo era di convincere gli ebrei a convertirsi al cristianesimo.
La comunità ebraica ricevette un notevole supporto dal famoso patriota Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio che, a dispetto delle logiche separatiste esistenti allora, nel 1847, organizzò una vera e propria festa all’interno delle mura del Ghetto. Canti e festose luminarie contribuirono a coinvolgere in un unico grande abbraccio, il popolo di Trastevere, del quartiere Regola e quello del Ghetto ebraico.
L’evento ebbe una notevole risonanza e non passò inosservato agli occhi ed alle coscienze degli intellettuali dell’epoca fino al punto che ritennero necessario sollecitare, presso Pio IX, un cambiamento sostanziale della vita nel Ghetto. Finalmente, nella notte del 17 aprile 1848, dopo lunghi tre secoli, Papa Pio IX diede l’ordine di abbattere il muro che circondava il ghetto di Roma. Con la proclamazione della Repubblica Romana, nel 1849, la segregazione fu abolita anche se dopo i “fatti” della repubblica romana, il Papa, una volta tornato al soglio pontificio. fu costretto a ripristinare alcune misure restrittive.
La complicata storia degli ebrei italiani e delle loro parlate, chiamate 'giudeo-italiane', è una vicenda lunga più di 2000 anni. A Roma il “giudaico romanesco” è una lingua ancora oggi parlata dagli ebrei romani e viene tramandata di generazione in generazione. Un “ebraico gergale” ancora esiste tra qualche anziano abitante del quartiere ebraico e vive nei sonetti del poeta Crescenzo Del Monte (1868-1935), unico rappresentante dialettale della tradizione giudaico romanesca.
Tra i luoghi divenuti tristemente noti e che non possono non essere menzionati c’è, vicino a Portico d’Ottavia, Largo 16 Ottobre 1943 a ricordo di quel sabato straziante, in cui all’alba, i tedeschi rastrellarono 1.022 ebrei romani, che vennero poi deportati nei “campi di lavoro” di Auschwitz.
Del Ghetto, che l’urbanizzazione moderna ha provveduto a trasformare e ridimensionare e di cui rimangono poche ma significative tracce, è arrivata ai giorni nostri un’immagine vivace e di ferventi attività culturali, commerciali, religiose. Un luogo che gelosamente custodisce i segreti dell’antica tradizione culinaria e della musica popolare Klezmer, frizzante e a volte struggente intrattenitrice nelle occasioni di festa.
La comunità ebraica romana, saldamente ancorata alla vita della città, è ancora circondata da un alone di mistero, suscitando curiosità e un inevitabile desiderio di conoscenza.
Percorso iconografico (allestito nella saletta Reference)