Il cottio e il cenone
Altra tradizione ormai del tutto scomparsa era quella del “Cottio”, ovvero assistere nella notte tra il 23 e il 24 dicembre alla mercato all’ingrosso del pesce, nella pescheria di San Teodoro prima, poi a Mercati Generali. Trarrebbe origine dal forum piscium o piscaria della antica Roma ed il nome dal latino “quot, quoties”. Il pesce giungeva con i carri ferroviari da Civitavecchia, Fiumicino, Anzio, Terracina e Fogliano e, al segnale di una campana, iniziava l’asta, animata dai cottiatori (i banditori), i quali – dice sempre il Romano, pp. 10 e segg. – “usavano dei termini tutti propri, convenzionali, derivati in gran parte dall’ebraico, ed espressi poi con cadenze ignote ai profani”. I profani erano il vasto pubblico di dame in abito da sera e gentiluomini che assisteva all’asta, notturna e animata.
Il cottio era propedeutico al “Cenone” della vigilia che, dovendo compensare una giornata di digiuno o frugalità, si componeva, a Roma, del cefalo per il brodo di pesce ( o meglio di teste di pesce) che apriva la cena, oppure i bucatini al tonno, gli immancabili fritti, tra cui i broccoli in pastella, i filetti di baccalà, il capitone o anguilla carpionata, i lattarini marinati, e magari i "gobbi" (i cardi) alla parmigiana.
Il tradizionale dolce di Natale non era il pandoro o il panettone ma il pangiallo, i tozzetti e il torrone. Il pangiallo deriverebbe dall’antica usanza dello scambio reciproco del pane tra i cristiani fino al IV sec. d. C. ma dopo il 1870 si poteva trovare solo nelle pasticcerie più modeste o dai fornai, perche – dice il Romano pp. 16 e segg – i pasticceri più illustri cominciavano a riempirli di canditi, cioccolata, pinoli e ad introdurre anche panforti e pampepati. Anche il torrone romano, in origine, era diverso da quello che conosciamo: più simile al croccante di mandorle tostate e zucchero, fu presto soppiantato da quello al cioccolato e pistacchi. Eppure i pasticceri più in vista facevano vere e proprie gare di preparazione dei torroni, con una grandissima cura nella confezione e nell’allestimento delle vetrine in cui li esponevano. In tempi più recenti, vennero introdotti i mostaccioli, “focaccia di farina stemperata nel vin dolce,[…] condita di miele, formaggio freschissimo” , cotta avvolta in foglie di lauro. Una specialità, che Natale si rivestiva di marzapane, cioccolato, gelatine e addobbi, in cui erano “valenti le monache e i napoletani”.
Finito il cenone con i dolci, si passava ad un’usanza che per fortuna sopravvive ancora nelle nostre case durante il Natale: la Tombolata in famiglia che consentiva di passare il tempo fino alla mezzanotte, con cartelle e fagioli a segnare i numeri.
Un interessante articolo di Marino Frasconi, "Il presepio” in 7 Colli anno III, n. 12 (1957) p. 8-9, rievoca l'atmosfera suggestiva e emozionante della messa di mezzanotte del Natale del 1944 a San Pietro, ripristinata da papa Pio XII, a cui assistettero tutti insiemi militari italiani, francesi, polacchi, inglesi: all'apparire del papa benedicente, ognuno intonò i canti del proprio paese (gli italiani cantarono "Tu scendi dalle stelle"), uniti nella comune invocazione di Pace per tutta l'umanità.
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