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Normativa sull'accesso agli archivi
Evoluzione del quadro normativo relativo alla consultabilità e riproduzione dei documenti per scopi di ricerca storica e in particolate l’ artt. 108 D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali) e art.1, comma 171 L. 124/2017.
Il 2 agosto 2017 il Senato ha definitivamente approvato la Legge annuale per il mercato e la concorrenza (n. 124/2017), che, tra le altre cose, modifica l’art. 108 del Codice dei Beni Culturali, sancendo la liberalizzazione delle riproduzioni digitali con mezzo proprio in biblioteche e archivi pubblici per finalità culturali (art. 1, c. 171).
In precedenza negli archivi e biblioteche pubbliche l’uso della propria fotocamera (o smartphone) era normalmente interdetto anche per la presenza di un concessionario esterno di fotoriproduzione, mentre nei casi, più frequenti, in cui la fotografia con mezzo proprio era permessa, rimaneva sempre subordinata a una specifica richiesta di autorizzazione preventiva e al pagamento di una tariffa per ogni unità archivistica da riprodurre.
La nuova formulazione dell’art. 108 del Codice dei beni culturali ha determinato la rimozione di detti divieti, tariffe e autorizzazioni, consentendo per la prima volta agli utenti di tutte le biblioteche e gli archivi e pubblici italiani di riprodurre liberamente con dispositivi digitali a distanza sia gli stampati che i documenti d’archivio non sottoposti a restrizioni di consultabilità per ragioni di riservatezza (ai sensi degli artt. 122-127 del codice dei beni culturali), nel rispetto in ogni caso delle norme poste a tutela del diritto d’autore e della privacy.
Il materiale documentario e bibliografico pubblico ordinariamente distribuito in consultazione si potrà allora fotografare gratuitamente e in alcuni casi senza autorizzazione preventiva sostituita però da autocertificazione, in armonia sia con quanto avviene dal 2014 nei musei pubblici per effetto dell’”Art Bonus” (che aveva reso libera la riproduzione di tutti i beni culturali, salvo poi escludere in un primo momento i beni bibliografici e archivistici dal D.L. 83/2014), sia con le policy dei più importanti istituti culturali europei, come i National Archives di Londra o le Archives Nationales di Parigi.
Sempre in base all’art. 108 comma 3 del codice dei beni culturali, è da considerarsi libera non solo la riproduzione digitale e fotografica, ma anche la divulgazione delle immagini di beni bibliografici e archivistici, purché esse siano state legittimamente acquisite e la loro diffusione non obbedisca a finalità lucrative (ad esempio attraverso i canali del web o opuscoli a stampa non commerciali). L’utilizzo delle immagini non è più rigidamente circoscritto alle “ragioni di studio” o “personali”, come avveniva sinora per gli scatti autorizzati con mezzo proprio, ma si estende a ogni “libera manifestazione del pensiero o espressione creativa” e a ogni attività di “promozione della conoscenza del patrimonio culturale”, in analogia con quanto la legge già dispone per le altre categorie di beni culturali.
Allo scopo di uniformare l’applicazione della nuova modifica normativa in tutti gli archivi di Stato, la Direzione Generale Archivi è intervenuta il 3 settembre 2017 con una circolare (n. 33/2017), che definisce alcuni criteri operativi di carattere generale. La circolare da un lato sopprime la richiesta di autorizzazione che l’utente era di volta in volta chiamato a presentare prima di riprodurre con mezzo proprio ciascuna unità archivistica, dall’altro introduce una autodichiarazione, da compilare e sottoscrivere ex post entro fine giornata, al termine cioè delle riprese. In essa l’utente indicherà le segnature delle unità riprodotte e la finalità della riproduzione, dichiarando di agire nel fermo rispetto dei regolamenti di tutela previsti dall’istituto e delle norme di legge in materia di beni culturali (art. 108, comma 3), diritto di autore e privacy, con particolare riferimento al Codice Deontologico per il trattamento e la diffusione dei dati sensibili. La stessa circolare, inoltre, recepisce in pieno due delle sei linee guida espresse dal Consiglio Superiore Mibact nella mozione del 16 maggio 2016 in merito all’estensione della libera riproduzione ai beni bibliografici e archivistici, in particolare la cessione gratuita delle digitalizzazioni già eseguite dall’istituto e la semplificazione della procedura di pubblicazione delle riproduzioni di documenti archivistici in pubblicazioni scientifiche di carattere commerciale: in questi casi la formale richiesta di autorizzazione in carta bollata è sostituita con l’invio all’archivio di una semplice comunicazione sul proposito di pubblicare, ferma restando la necessità di corrispondere diritti di riproduzione per le monografie vendute a un prezzo superiore ai 77,47 euro e con tiratura superiore alle 2000 copie (ai sensi della circolare della Direzione Generale per gli Archivi n. 21/2005).
Consultabilità: regolata dagli artt.122-127 del decreto l.vo 42/2004 ”codice dei beni culturali e del paesaggio”. I documenti negli Archivi Storici pubblici sono liberamente consultabili ad eccezione di:
a) Documenti relativi alla politica estera dello Sato dichiarati di carattere riservato dal Ministero dell’Interno d’ intesa con il MIBACT t che diventano consultabili 50 anni dopo la loro data;
b) Documenti contenenti dati sensibili ( cioè “idonei a rilevare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, ecc) che diventano consultabili dopo 40 anni dopo la loro data;
c) Documenti contenenti dati personali così detti sensibilissimi (“cioè idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale, i rapporti riservati di tipo familiare”) che diventano consultabili dopo 70 anni dopo la loro data - è il caso del nostro Archivio Storico del Servizio sociale, Brefotrofio;
d) Documenti contenenti dati giudiziari (“cioè dati personali idonei a rilevare in materia di casellario giudiziale, di anagrafe sanzioni amministrative, reati penali ecc) che diventano consultabili dopo 40 anni la loro data;
Comunque il Ministero dell’Interno può autorizzare la consultazione per scopi storici di documenti riservati in alcuni casi da sottoporre alla Commissione istituita dall’art.123 del codice Urbani.
Il trattamento dei dati personali da parte di archivisti e storici è legittimo solo se si osserva il Codice di deontologia e buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi storici(all. al decreto l.vo 30 giugno 2003 n.196, Codice in materia di protezione dei dati personali).
Riproduzione:
secondo l’art. 9 della Costituzione la Repubblica è chiamata non semplicemente a garantire ma a promuovere lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnica in una prospettiva dunque attiva e dinamica e più inclusiva per la trasmissione della cultura.
Le nuove norme sono entrate in vigore dal 29 agosto 2017. A partire da questa data gli utenti di archivi e biblioteche hanno potuto liberamente riprodurre il materiale bibliografico e documentario con mezzi propri, art.1, c.171 legge n.124/2017.
Riproduzioni libere in archivi e biblioteche, dunque, ferme restando le condizioni previste dalla normativa vigente. I privati sono liberi di eseguire riproduzioni fotografiche delle fonti documentarie, senza preventiva autorizzazione e senza dover pagare alcun canone, “per uso personale o per motivi di studio (...) ovvero per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro”.
La libertà di riproduzione non comprende, d’altra parte, i beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità (artt. 122-127 del Codice dei Beni Culturali come abbiamo visto), arretra dinanzi alle norme sul diritto d’autore(legge 22-4- 1941, n.633 e successive modificazioni) ed è soggetta come abbiamo detto a precise modalità di esercizio: vietato il contatto fisico con il bene, l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose e l'uso di stativi o treppiedi all'interno degli istituti della cultura.
Per quanto concerne invece le riproduzioni di alta qualità eseguite invece su commissione da terzi (fotografi o ditte in outsourcing), esse continuano ad essere, come è ovvio, oggetto di tariffe a carico del richiedente, il quale in ogni caso dovrà trovarsi nella condizione di decidere liberamente se ricorrere alla propria fotocamera digitale oppure al professionista indicato dall’istituto, secondo una prassi già sperimentata in archivi di Stato che permettono da tempo l’uso del mezzo proprio (sia pure dietro autorizzazione e pagamento di tariffa).
Vantaggi per l’utenza prodotti dalla liberalizzazione: chi dovrà muoversi da un capo all’altro d’Italia per raggiungere una biblioteca o un archivio, potrà ora ridurre al minimo tempi e costi di permanenza fuori sede, avendo la certezza di potersi sempre giovare di quelle riproduzione digitale e/o fotografiche che gli permetteranno di trascrivere un manoscritto in qualunque luogo e in qualunque momento. Un risparmio di tempo e denaro a beneficio non solo del ricercatore universitario, ma anche del semplice cittadino interessato a qualsiasi altro titolo alla ricerca storica, il quale, a causa di attività lavorative concomitanti, prima non poteva dedicare il tempo che desiderava all’attività di studio in archivio. Da questo punto di vista si può cogliere ancor meglio l’importanza della liberalizzazione, la quale riesce a dilatare a dismisura gli orizzonti della fruizione in una reale prospettiva di democrazia della conoscenza.
Vantaggi per gli archivi e biblioteche: ricadute positive possono e potranno peraltro essere registrate dagli stessi archivi e biblioteche , sia perché la liberalizzazione si inserisce in un quadro di generale semplificazione amministrativa, sia perché può fornire un valido supporto alla tutela delle unità archivistiche e bibliografiche nella misura in cui riduce il contatto fisico reiterato con l’originale. Non da ultimo ne uscirà rafforzato il fondamentale ruolo “di servizio al pubblico” svolto da archivi e biblioteche:
Modalità di riproduzione
Sono espressamente indicate le modalità di riproduzione che prevedono per l’utente l’uso della propria fotocamera, smartphone, o comunque con mezzi che non prevedano un contatto diretto con i documenti (come avviene nel caso di scanner o macchine fotocopiatrici), senza l’uso di flash, stativi o treppiedi
SI NO
-APPARECCHI FOTOGRAFICI -SCANNER PORTATILI
-SMARTPHONE -FLASH O ALTRE FONTI DI ILLUMINAZIONE
-TABLET -TREPPIEDI
L’allineamento della disciplina relativa ai beni archivistici e bibliotecari al regime normativo applicabile ai beni culturali non è limitato alla riproduzione:
anche la DIVULGAZIONE delle immagini è libera, se svolta – come previsto per la riproduzione – senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale
. Entro questi limiti, la divulgazione è consentita con qualsiasi mezzo, a condizione che:
- le immagini siano state legittimamente acquisite e siano divulgate in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro;
– che terzi lucrino sulle immagini, come, ad esempio, l'apposizione di una licenza Creative Commons di tipo Non-Commerciale. Tale approccio, peraltro, appare particolarmente appropriato alla gestione delle immagini di beni archivistici e bibliografici, più frequentemente riprodotte e divulgate per finalità di studio e di ricerca, come accade, ad esempio, in caso di utilizzo di riproduzioni fotografiche a corredo del testo all’interno di una pubblicazione scientifica.
Una volta definiti i confini normativi entro i quali si colloca il percorso di liberalizzazione del patrimonio culturale, è imprescindibile che la sua realizzazione non sia ostacolata da chi dovrebbe, invece, preoccuparsi di gestire al meglio il recepimento delle novità normative.
Si spera, per questo, che l’attuazione concreta della riforma e dei suoi principi ispiratori sia supportata da una più convincente operazione di sensibilizzazione da parte degli enti conservatori, anche in base alla gestione concreta e alle esigenze specifiche di archivi e biblioteche, nella prospettiva di un’autentica valorizzazione del patrimonio informativo pubblico.