Sibilla Aleramo e Nemi

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 La convalescenza del piccino fu lunga: al principio di aprile andammo, noi due soli, a passare alcuni giorni a Nemi: nel verde rinascente dei boschi la creatura amata riacquistò finalmente tutta la sua vivacità. Dolcezza ineffabile di quella nostra solitudine dinnanzi alla piccola conca glauca e silenziosa del lago! Gli occhi di mio figlio, dopo la malattia, parevano ancor più profondi e pensosi; il sorriso esprimeva una tenerezza più vibrante.” 

Questo brano tratto dal romanzo autobiografico Una donna è stato scritto da Sibilla Aleramo (1876-1960) nei primissimi anni del ‘900, subito dopo  aver coraggiosamente deciso di lasciare la famiglia per sfuggire ad una vita fatta di soprusi e depressione.

In queste brevi righe si intravede l’amore per il figlio, si legge di quei suoi occhi profondi e pensosi che rimandano alla piccola conca glauca e silenziosa del lago di Nemi.

Con i Castelli Romani Sibilla Aleramo ha un rapporto di profondo impegno sociale, all’inizio del Novecento l'Unione Femminile Nazionale decide di organizzare attività di volontariato nella campagna romana per la gestione di corsi domenicali di istruzione femminile. Proprio la Aleramo, assieme ad Anna e Angelo Celli, Giovanni Cena e Alessandro Marcucci, fu attivamente coinvolta nel progetto delle scuole ‘ambulanti’ per combattere l’analfabetismo e promuovere la cultura delle donne nell’agro romano.

Sibilla Aleramo fu donna di passioni e sofferenze, di amori tormentati, portatrice di modernità e anticonformismo ma anche di impegno e responsabilità per il riscatto sociale degli ultimi e delle donne. “Alfine mi riconquistavo – scrisse - alfine accettavo nella mia anima il rude impegno di camminar sola, di lottare sola, di trarre alla luce tutto quanto in me giaceva di forte, d’incontaminato, di bello”.

 Immagine: John Robert CozensIl lago di Nemi, matita e acquarello, ca. 1777. Da Wikipedia

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