Cristina di Belgiojoso
La formazione e l'impegno patriottico
Cristina di Belgiojoso era figlia di Gerolamo Trivulzio, discendente di una storica famiglia della nobiltà milanese e di Vittoria dei marchesi Gherardini, imparentata con le casate più nobili e influenti d'Italia. Ebbe un'istruzione approfondita ma anche permeata dall'ambiente liberale e per certi versi anticonformista che respirava in famiglia.
A solo sedici anni si sposò con il principe Emilio Barbiano di Belgioioso, noto libertino. Il matrimonio finì presto in una separazione dai buoni rapporti e Cristina si avvicinò ai movimenti per la liberazione lombardi, forte della sua posizione sociale e dalle conoscenze familiari che la protessero per molto tempo da arresti e persecuzioni. Nonostante la sua salute malferma, viaggiò molto: a Genova, Roma, Firenze frequentò e animò molti salotti legati ai movimenti rivoluzionari e liberali.
Dal 1830, dapprima in Svizzera, e poi in Francia, Cristina s’impegnò sempre più nella causa italiana, cercando di influenzare i potenti, compreso il futuro re Napoleone III, scrivendo articoli e diventando addirittura editore di giornali politici, finanziando aiuti per gli esuli e per l’acquisto di armi.
Nel 1840 tornò a Milano, che l’accolse in un clima di rassegnazione e una mentalità chiusa ed ostile.
Nella residenza di famiglia, a Locate, ebbe modo di conoscere la dura realtà dei contadini e delle loro famiglie, adoperandosi per migliorarne le condizioni sociali e l’istruzione anche professionale. Continuò anche la sua opera politica cercando di convincere tutti che l'unica soluzione per muoversi verso l'unione italiana era sostenere i Savoia, unico modo, a parer suo di unire l'Italia . Ma questo provocò l’ostilità di molti, soprattutto di Mazzini.
La principessa e la Repubblica Romana:
Nel 1849, Cristina Trivulzio di Belgiojoso si ritrovò a Roma, in prima linea, nel corso della battaglia a difesa della Repubblica Romana, durata dal 9 febbraio al 4 luglio. A lei assegnarono l'organizzazione degli ospedali, compito che assolse con dedizione e competenza, insieme a Margareth Fuller: Il ròle di femme politique è qui messo da parte in favore di quello di Sorella della Carità, a cui si aggiunge la figura di una direttrice d'ospedale molto energica ed efficiente che, quando è necessario, non esita a d andare a stanare i Triumviri per riscuotere le paghe arretrate dei soldati infermi suoi pazienti [...]
H. Remsen Whitehouse, La Principessa rivoluzionaria, pp.149
Nonostante l'impegno profuso nel compito, Cristina di Belgiojoso non perde di vista l'analisi politica della situazione e coglie gli incipienti segni del cedimento del popolo,non in termini di coraggio ma di convinzione. Scrive a Viesseux: [...] il popolo tace, perchè un movimento contro i triumviri potrebbe essere interpretato come contrario alla Repubblica. Certo è che però si raffredda, e non si adopera attivamente per sostenere questi uomini di cui non è contento. (pp. 154).
Il primo luglio 1849, tutto finisce: l'Assemblea decide di non continuare nella difesa ad oltranza della repubblica, assediata irremediabilmente da quei francesi in cui Cristina per molto tempo aveva riposto le speranze di un sostegno. Tre giorni dopo, in concomitanza con il voto della Costituzione, i francesi prendono possesso della città, cacciando la Principessa di Belgiojoso dagli ospedali, bandendo addirittura chirurghi italiani e impiego di personale femminile.
L'esilio in Oriente e il ritorno
Sfumata anche questa speranza di libertà e sentendosi tradita da Napoleone III, iniziò un viaggio che la portò in Grecia e poi in Asia Minore, nella sperduta e desolata valle di Ciaq Maq Oglù, vicino alla odierna Ankara, Turchia.
Qui, sola con la figlia Maria e pochi altri esuli italiani, senza soldi e mantenendosi solo a credito, organizzò un'azienda agricola. Da qui inviò articoli e racconti delle sue peripezie orientali ed in tal modo riuscì a raccogliere somme che le consentirono di continuare a vivere per quasi cinque anni. Nel 1855, grazie ad un'amnistia, riottenne dalle autorità austriache il permesso di tornare a Locate.
Nel 1861 si costituì finalmente l'Italia unita, da lei tanto desiderata, e poté quindi lasciare la politica con una certa serenità. Da questo momento visse appartata tra Milano, Locate ed il lago di Como.
Morì nel 1871, a 63 anni.
Archivi Alinari, Firenze