Hans Christian Andersen, Ariccia e Genzano

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L'Italia fu molto importante per Hans Christian Andersen: la visitò almeno quattro volte, soggiornandovi per lunghi periodi e rimanendo profondamente affascinato dall'arte e dalla natura.
Proprio dalle esperienze del suo primo viaggio nella penisola, avvenuto nel 1833-34, trasse lo spunto per scrivere il romanzo “L’Improvvisatore”. Qui in lunghi versi di struggente bellezza descrive l’incanto dei colori e dei paesaggi italiani narrati attraverso una visione fiabesca:

 

“Si era nel mese di giugno. Si avvicinava così il giorno in cui tutti gli anni si celebra la festa dei fiori a Genzano. Mia madre e Mariuccia avevano un’amica in quel paese che con suo marito gestiva un’osteria… Il tragitto era lunghetto e quindi bisognava partire il giorno prima della festa. Io, tutta la notte precedente non dormii nulla […]
Da Albano andammo a piedi percorrendo la bella viuzza che passa da Ariccia. Resede e violaciocche crescevano spontanee lungo i margini della strada e grossi ulivi facevano un’ombra deliziosa. Potevo scorgere il mare lontano e sul culmine del monte dove sta eretta una croce, uno stuolo di ragazze ci passò davanti cantando e danzando. Dinanzi alla croce esse però si fermarono inginocchiandosi con devozione. L’alta cupola della chiesa di Ariccia mi sembrò dovesse essere la cupola di San Pietro portata lassù dagli angeli ed appesa sul turchino del cielo tra il grigio degli ulivi…Oh, come desideravo di rimanere ad Ariccia anziché proseguire per la festa a Genzano. Ma mia madre affrettò il passo perché voleva arrivare bene in tempo per aiutare la sua amica Angelina a terminare i preparativi, a fare le ghirlande e le stuoie di fiori.
Il breve tratto di strada fu in poco tempo percorso e la casa di Angelina facilmente trovata. Si trovava da quella parte di Genzano che dà sul lago di Nemi ed era una bella casa. Da una parte di essa sgorgava dalla roccia una sorgente che alimentava un bacino attorno al quale si pigiavano gli asinelli per l’abbeveraggio.
Entrammo nell’osteria: uh! Che brusìo; il focolare aperto era colmo di marmitte e di fuochi mentre una folla di contadini e forestieri sedevano attorno alla tavola di legno grezzo bevendo e mangiando […]
Dopo colazione si uscì per coglier fiori e tessere le ghirlande. Da una porticina giungemmo nel giardino che, sebbene misurasse poche braccia, era così pieno di vegetazione da sembrare un’unica capanna verde. Il lago giaceva immobile in fondo al cratere da cui una volta il fuoco era divampato contro il cielo. Scendemmo verso l’anfiteatro del lago e camminando si legavano le ghirlande … L’anima mia tremava di una intima felicità. Talvolta ancora ho dei momenti in cui quei ricordi fanno risuscitare quei sentimenti così come appariscono le vestigia di fini mosaici di una città scomparsa sotto le acque.”

Durante questo viaggio lo scrittore ebbe occasione di assistere alla festività del Corpus Domini, rimanendone profondamente affascinato: la salita che unisce Piazza IV Novembre alla chiesa di Santa Maria della Cima a Genzano si trasforma in un colorato tappeto di fiori:
 
“Come è possibile descrivere il quadro variopinto che si presentò alla mia vista? Tutta la lunga strada, in leggera salita, era colma di fiori. Lo sfondo era azzurro, sembrava che fossero stati saccheggiati tutti i campi e tutti i giardini per potere avere abbastanza fiori dello stesso colore per tutta la strada; ai lati correvano delle lunghe strisce di grandi foglie verdi con tante rose, una accanto all’altra; lo spazio tra di esse era colmo di fiori rosso scuro in modo da formare un grande bordo intorno a tutto il tappeto. Nel mezzo c’erano costellazioni e soli ottenuti mettendo moltissimi fiori gialli dentro sagome a forma di stelle o rotonde, e più fatica avevano richiesto i nomi, composti avvicinando fiore a fiore, foglia a foglia. Il tutto era un tappeto vivente di fiori, un mosaico più ricco di colori di quelli di Pompei.”
 
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