Il Carnevale nel territorio metropolitano: Frascati, Roviano, Tivoli e Velletri

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Come abbiamo ricordato anche nelle mostre precedenti, il carnevale romano si apriva tradizionalmente con uno spettacolo lugubre e ammonitore: l'esecuzione capitale di un delinquente che ricordava la severità della Giustizia; seguivano poi le corse e i palii, tra cui l'orrenda tradizione del "pallio delli Giudei" o le "giudeate". Ma il carnevale era per lo più ricco degli aspetti più gioiosi, delle maschere, i carri allegorici, i canti e balli che affondavano le radici nelle tradizioni pagane e che sono divenuti fino ai nostri giorni il vero emblema e la tradizione più sentita nel territorio metropolitano. Tra questi, ricordiamo il carnevale di Frascati, tiburtino e veliterno, ed infine la Carnavalata di Roviano.

 Il carnevale Tuscolano- Frascati

Di antica tradizione, il Carnevale di Frascati è uno dei più belli dei Castelli Romani: viene inaugurato dalla sfilata di carri allegorici costruiti con il contributo di associazioni (come ArtePassione-APS, da cui sono tratte le immagini), volontari e bambini delle scuole, aperta dalla Carrozza del re di Carnevale che porta le chiavi della città consegnate dal Sindaco al Re Pupone, a sancire la sospensione del normale ordine costituito. Sfilate, eventi e spettacoli in maschera si succedono per tutta la settimana e il carnevale si conclude con il funerale del Pulcinella, un enorme fantoccio di cinque metri che viene bruciato martedì grasso a piazza G. Marconi.
 

Il Carnevale tiburtino – Tivoli

Il Carnevale è l’ultimo retaggio delle feste pagane e a Tivoli fu il Cardinale Ippolito II d’Este, che alla fine del ‘500 fece iniziare i festeggiamenti carnevaleschi nella cittadina di preti e contadini, dove si conduceva una vita semplice e patriarcale. Il Carnevale tiburtino, subito dopo l’unità d’Italia era caratterizzato da sfilate di carri allegorici costruiti con cartapesta e durante queste bellissime manifestazioni, le strade si riempivano di gente. Le feste di carnevale iniziavano secondo tradizione il giorno della Festa di S. Antonio e venivano annunciate dalle Giogghiarie che percorrevano le vie della città, suonando tamburelli e triccheballacche, accompagnando accattivanti stornellate. Anche a Tivoli, il Carnevale si concludeva con il rogo di un pupazzo di cartapesta.

Dopo lo scoppio della seconda Guerra Mondiale Tivoli smise di festeggiare il Carnevale che venne dimenticato fino al 1933. Sotto il regime fascista i festeggiamenti vennero caratterizzati da manifestazioni atletiche e prestigiose sfilate. Dopo la guerra, si è ripresa la tradizione dei festeggiamenti che ancora si svolgono, all'insegna di allegria e spensieratezza e dei carri allegorici che prendono di mira politici e personaggi dello spettacolo. Tivoli ha una sua maschera ufficiale, Zibaldone, eccentrico personaggio con pantaloni a pois, una grande pancia e una vistosa capigliatura bionda che dispensa baldanzosi motteggi e scherzi con allegria e divertimento.

Il carnevale popolare veliterno- Velletri

Anche quello di Velletri è un carnevale di tradizione radicata, che risale almeno al 1931. Sfilate di elaborati carri allegorici e gruppi in maschera si riversano tra le strade della città, guidati dal Re del Carnevale e dalla maschera tipica di Gurgumiello, che rappresenta un piccolo proprietario terriero dai buffi panni ottocenteschi: Anche a Velletri il carnevale si conclude il martedì grasso con il rogo del re del Carnevale, rappresentato da un carro allegorico. 

 

La Carnavalata di Roviano

La tradizione della Carnavalata di Roviano purtroppo ormai persa, si svolgeva per una ventina di giorni, come ricorda Artemio Tacchia in La Carnavalata di Roviano, Lazio Ieri e oggi anno XVIII,n. 2 (1982), pp. 44-46: tutte le domeniche i giovani si mascheravano da donna (gli uomini) e da uomo (le donne), e, in gruppo, bussavano alle case chiedendo "ciccia e cocco", spesso affiancati da zampognari, che li accompagnavano in balli canti e macchiette irriverenti. Gli anziani ricordano che verso la fine degli anni Trenta, si inscenava per le strade del paese la "morte di Minicandoniu", un vecchietto allettato che però stringeva forte ju cuppillittu di vino; oppure il girotondo del vecchio garibaldino Bucia che dispensava motti e allegre invettive ai cui i ragazzi rispondevano in coro.

Ma la Carnavalata vera e propria si svolgeva nell'ultima settimana: al rintocco delle campane della chiesa che, alle 15, sanciva la fine della giornata di lavoro nei campi, i braccianti afferravano i padruni e li trasportavano, legati, per le strade del paese, in un corteo sempre più numeroso e festoso, aperto dal tammuraru o dallo zampognaru.

 La moglie del padrone, avvertita, andava incontro al corteo con una botticella di vino che offriva a mò di riscatto. La giornata si concludeva con festeggiamenti e banchetto per tutti offerto dal padrone liberato, a base di "pizzefritte, castagnole, mustaccioli, piegature 'e sasicchie, pane e ranu, fasori, vinu 'n guandidà".

Percorso di lettura:

Tacchia Artemio, La Carnavalata di Roviano, Lazio Ieri e oggi anno XVIII,n. 2 (1982), pp. 44-46.

BIBL CMRC RIV B 148

Zanini De Vita Oretta, Festa, farina e miele. I dolci tipici della campagna romana, Roma, SEA, Servizi Editoriali Avanzati srl, 2002

BIBL CMRC IA 214

Lodovici Riccardo, Pessolano Umberto, Vivere il Passato. Carnevale morto: a tutti i cittadini di Nazzano, [S. l.], [s. n.], 2001.

BIBL CMRC Misc. IV 690

 Risorse digitali:

 Immagine di copertina tratta da: 

Zanini De Vita Oretta, Festa, farina e miele. I dolci tipici della campagna romana, Roma, SEA, Servizi Editoriali Avanzati srl, 2002

Roviano visto da Anticoli, 1898. Acquerello del pittore Enrico Nardi (1864-1947)

BIBL CMRC IA 214

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