Padiglione XXXII - Officine - Tipografia

Immagine - Officine tipografiche del manicomio

Padiglione XXXII – Officine -Tipografia – Tabella LVIII.

In: Il nuovo ospedale provinciale “S. Maria della Pietà” : le malattie mentali dal 1901 al 1936 nella provincia di Roma / Augusto Giannelli. – Roma : Tip. Osp. S. Maria della Pietà, 1937. – 228 p.,V, 59 c.di tav. ; 24 cm.
BPR EA 49

A prosecuzione dell’opera del 1905, l’autore, direttore del manicomio, riprende la storia dell’Istituto sia nelle sue vicissitudini logistiche che nell’analisi dell’andamento e distribuzione della malattia mentale nella provincia di Roma.
Negli anni 1913-1924 il manicomio viene trasferito da Via della Lungara alla nuova sede di Monte Mario, inaugurata nel 1924 con il nome di Ospedale Provinciale di S.Maria della Pietà per le malattie mentali, che prevede di accogliere 1000 malati.
L’ospedale viene edificato secondo le direttive indicate all’Amm.ne Prov.le dal prof.Giannelli, che ne delinea una organizzazione simile a quella degli ospedali di medicina generale, con ogni padiglione che funzioni indipendentemente dagli altri nella piena autonomia dei primari.
Il prof.Giannelli non transige sulla richiesta di un manicomio “aperto”, senza muri di cinta che lo isolino, con spazi-giardino per ogni padiglione chiusi solo da reti metalliche e non da recinzioni in muratura, in base alla convinzione che “le fughe non sono registrate nei manicomi aperti con frequenza maggiore che in quelli cosi detti chiusi”.
L’Ospedale, attrezzato con tutti i sussidi per lo studio e la cura dei ricoverati, adotterà come strumento terapeutico privilegiato l’ergoterapia: il lavoro “creatore e rieducatore di energie conservatrici e risanatrici della vita mentale” deve essere di pratica utilità e sempre, anche se in misura minima, rimunerato.
Perciò ampio spazio all’interno dell’ospedale è destinato ai luoghi del lavoro : falegnameria, legatoria, tipografia, calzoleria, vivaio, un’azienda agricola che produce cereali, legumi e ortaggi e comprende allevamenti di bestiame con vacche, suini, pollame e conigli, un apiario e bachi da seta.
I dati statistici relativi ai ricoveri negli anni 1901-36 si riferiscono alle ammissioni, dimissioni, mortalità, riammissioni secondo le singole forme morbose e la provincia di nascita dei malati e forniscono un quadro generale allarmante che indica riammissioni più frequenti nei pazienti nati e domiciliati nella città e un altissimo incremento progressivo dei ricoveri: da 1783 ricoverati nel 1901 a 3556 nel 1936.
Nonostante questa tendenza non sia limitata alla sola provincia di Roma né alla sola Italia e lasci quindi spazio a previsioni catastrofiche sul destino della civiltà moderna, l’autore sostiene la rassicurante tesi che si debba parlare di un aumento degli internati e non della malattia, che la “civiltà non crea la follia, la mette in evidenza”.

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