Corrado Alvaro e Frascati

corrado alvaro

Corrado Alvaro (1895-1856), originario di San Luca, un piccolo centro ai piedi dell’Aspromonte, fu scrittore, poeta e affermato giornalista; collaborò col Corriere della Sera, La Stampa e Il Resto del Carlino, fu corrispondente de Il Mondo a Parigi e direttore di Popolo di Roma e di Risorgimento a Napoli. Tra le sue molte opere letterarie, si ricordano: Gente di Aspromonte, raccolta di tredici racconti del 1930, L’età breve del 1946 e Quasi una vita, opera con cui vinse il Premio Strega nel 1951.
Dal 1905 frequentò il Nobile Collegio Mondragone gestito dai Gesuiti, presso l’omonima villa cinquecentesca sita nel territorio di Monte Porzio Catone, e allora diretto dal famoso grecista Lorenzo Rocci. Da alunno esterno del Collegio, soggiornò invece a Frascati nei pressi del Seminario vescovile. Dopo soli cinque anni, il giovane Corrado fu espulso perché accusato di aver letto l’Inno a Satana di Giosuè Carducci.
Nel 1954, sul Corriere della Sera, pubblicò un piccolo racconto di quegli anni, nel quale lo scrittore rivive i momenti della sua prima giovinezza ricordando luoghi, aneddoti e atmosfere:
“Per la verità, ero un esterno del collegio, cioè vi andavo a scuola da Frascati tutte le
mattine. Si chiamava allora il Nobile Collegio di Mondragone. Piovesse e nevicasse, ancora quasi buio l'inverno, bisognava fare la strada, cinquecento metri oltre l'abitato della città, pei viali della villa che era stata dei Borghese, dei quali i pilastri del cancello serbavano il Dragone gentilizio. Col cattivo tempo, si prendeva una botticella col mantice rialzato, che arrancava a passo d'uomo all'ultimo mezzo chilometro di salita, il profondo e quasi buio viale dei lecci in cima al quale era stata eretta da poco la grande statua della Vergine di marmo bianco come la neve”.

[…]
“La villa magnifica, già soggiorno dei Papi, dava l'impressione d'una città chiusa in un
solo giro di mura, nel gusto delle antiche ville romane: il parco in un finto abbandono,
un complesso agricolo di case coloniche e di campi, e le illusioni della natura tradotte in
pietra, fontane, cascate, grotte, portici, terrazze.”

[…]
“Le gite turbolente ai Castelli, le liti a volte sanguinose durante le elezioni, i repubblicani con la cravatta nera svolazzante, i bevitori che venivano a saziarsi di vino nelle case dove era uso servirlo a tavola negli annaffiatoi da giardino, le ville patrizie, una decina, con le loro fontane, cascate, giuochi d'acqua, labirinti di mortella, alti prelati e cocchi padronali, questo era allora Frascati con la sua luce settentrionale, la sua vegetazione di montagna e le vigne digradanti sui colli a solatìo tra cui sorgevano ruderi romani”.
 
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