16 ottobre 1943-16 ottobre 2023: Tempo sospeso. 80 anni dal rastrellamento del Ghetto di Roma
La Biblioteca Istituzionale e l'Archivio Storico ricordano l'ottantesimo anniversario del rastrellamento del Ghetto di Roma e la deportazione dei cittadini di religione ebraica, riportando una delle poche ricostruzioni di quei momenti terribili che fa luce sul particolare, quasi sconosciuto, dell'internamento al Collegio Militare di via della Lungara, a Roma, delle 1259 persone catturate in quella tragica alba del 16 ottobre.
Alessandro Portelli in "Gli ebrei romani a piazza della Rovere", Storia d'Italia, Annali 16. Roma, la città del papa. A cura di Luigi Fiorani e Adriano Prosperi, Piacenza, Giulio Einaudi editore, 2000, raccoglie le testimonianze, scritte e orali, di quei tragici momenti sospesi, poi soverchiati da ciò che successe dopo: il trasferimento alla stazione Tiburtina e la partenza per Auschwitz.
Dalle parole dei sopravvissuti, Lello Di Segni e Settimia Spizzichino, apprendiamo che "tra il 16 e il 18 ottobre in cui gli ebrei rastrellati a Roma furono trattenuti nel Collegio Militare di Palazzo Salviati, all'angolo fra via della Lungara e piazza Della Rovere, poco lontano dal carcere di Regina Coeli, all'ombra del Gianicolo, e a poche centinaia di metri dal Vaticano".
I prigionieri furono amassati nelle aule del Collegio, sprangate ermeticamente per evitare qualunque comunicazione con l'esterno, senza neanche una panca per sedersi, senza acqua nè cibo:
"Per tutto il tempo della detenzione regnò, accompagnato dal pianto incessante delle donne e dei bambini, la massima confusione".
A mezzogiorno gli "ariani" catturati per sbaglio sono liberati: "rimasero presi 1007 Giudei" annota meticolosamente Herbert Kappler. Ma in realtà ne restano 1023.
Intanto la notizia si diffonde per Roma e in molti accorrono per avere notizie o per recare aiuti alle persone rinchiuse ma inutilmente. Le SS, addirittura, si fanno dare soldi e chiavi di casa dei prigionieri dedicandosi al saccheggio selvaggio dei pochi beni lasciati nelle abitazioni. Alcuni prigionieri potrebbero approfittare di situazioni e varchi per fuggire ma nessuno vuole separarsi dai propri cari, nessuno ha la minima contezza di ciò che l'aspetta.
"Fino all'ultimo, insomma, i deportati si aggrappano alla certezza di sopravvivere: segno non di quanto fossero ingenui loro, ma di quanto fosse letteralmente inimmaginabile il crimine programmato dai nazisti [...]. Soprattutto, scrive Michael Tagliacozzo, gli ebrei romani speravano nel papa..."
Dalle prime ore del 18 ottobre 1943, un lunedì, i prigionieri sono caricati sui camion e condotti alla Stazione Tiburtina da dove, alle 14,05 partono alla volta di Auschwitz.
Tornarono in 16.
Solo nel 1984 fu apposta una lapide sulla facciata del Collegio Militare a memoria di quanto avvenne.
Risorse digitali
Immagini:
Gai Sandro, Mio Dio perché? 16 ottobre 1943 in fuga con blocco e matita, Roma, Palombi, 2012.
[Bibl. CMCM R 914]
Pietre d'inciampo presso il Ghetto di Roma
Lapide apposta sulla facciata del Collegio Militare da beniculturalionline.it