Achille Campanile e Nerola

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 Achille Campanile (1899-1977), scrittore, critico letterario e drammaturgo romano, nel 1969 lascia la Capitale e si trasferisce nei pressi di Lariano, in una località non troppo distante neanche da Velletri: “Prima abitavamo a via del Babuino. Un inferno. Mia moglie, che è bergamasca, sognava gli spazi aperti e l'aria pura delle sue parti. Gaetano sognava di possedere un cavallo. Io, arrivato alla settantina, sognavo di andare in pensione, di non scrivere più. Tutti d'accordo di trasformarci in contadini. Avremmo fatto il vino, allevato galline e tacchini, coltivato alberi da frutta”.

Nel 1973, pubblica “Manuale di conversazione”, una raccolta di 48 racconti umoristici, uno dei quali, “La gita a Farfa”, descrive una divertente e sfortunata gita in Sabina; e mentre i protagonisti cercano di raggiungere Farfa percorrendo la via Salaria, ecco apparire Nerola, presenza antica e solitaria arroccata su una collina.

“Mentre eravamo ancora a tavola, mio cugino disse brusco: «Se vogliamo fare questa gita a Farfa, bisogna non mettersi a dormire. Niente, nemmeno cinque minuti, altrimenti si fa tardi». In verità nessuno aveva parlato d’una gita a Farfa e io avrei preferito riposare un po’, dopo mangiato. Credo che della stessa opinione fossero anche la zia Jole sofferente d’asma e le mie sorelle, a giudicare dal silenzio che accolse la frase”.
[…]

“Nerola è in cima a una montagna e per andare a Farfa occorre per prima cosa raggiungere al piano la via Salaria e di qui inerpicarsi per altre montagne fino a quell’antico paesetto, che possiede un illustre monastero. C’era giusto il tempo di far la gita e poi io sarei stato lasciato a piè della montagna di Nerola, dove la sera passa la corriera per Roma, che avrei potuto prendere. La discesa fu fatta a motore spento e s’andava ch’era una bellezza, traballando per quelle svolte rudi, le quali in men che non si dica ci portarono al piano. Qui mio cognato ingranò la marcia per accendere il motore utilizzando il movimento della macchina. Ma il motore non si accese.
[…]
Per prima cosa, poiché lungo la via nazionale Salaria c’era un continuo andirivieni d’automobili e torpedoni velocissimi che minacciavano di travolgere la macchina spinta a mano e rendevano pericolose le nostre mosse, ci convenne cercare un posto un po’ appartato per attender con tutta calma agli esperimenti. A mio cognato era nota una stradetta poco lontana fra i boschi e lì spingemmo a forza di braccia la macchina. Qui i tentativi di partenza all’americana furono ripetuti innumeri volte sempre col solo risultato di farci sudare quattro camicie. La macchina, benché di modeste di-mensioni, pareva tra l’altro diventata pesantissima e legata al suolo. Per alleviare i nostri sforzi le donne, quando, in una pausa della conversazione, si furono accorte che, lungi dall’essere arrivati a Farfa, stavamo ancora a piè della montagna di Nerola, scesero."

Risorse digitali:

Castello Orsini 

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