George Sand e Frascati
Quando George Sand, pseudonimo di Amantine (o Amandine) Aurore Lucile Dupin, visitò per la prima volta Roma rimase profondamente delusa dallo spirito dei suoi abitanti e turbata dalle condizioni in cui versava la città. Il romanzo “La Daniella” del 1856, che da questo viaggio trae ispirazione, rappresenta una metafora sulla capacità di accettazione del diverso.
Attraverso l’amore complicato tra il giovane pittore Jean Valreg e la giovane cameriera Daniella, il protagonista impara ad amare ed accettare un paese difficile come l’Italia. Ma è nella bellezza della sua campagna e nel modo di vivere dei suoi abitanti che protagonista e autore si avvicinano e lentamente comprendono l’altrui mondo.
“[…] Insomma, qui a Frascati si entra in un altro mondo, un piccolo mondo di giardini nelle rocce che, grazie al cielo, non somigliano a nulla, un mondo che ci fa comprendere le delizie della vita antica. Cercherò di darvene a poco a poco l'idea, poiché è uno stile molto netto, ed ecco che per la prima volta mi sento veramente lontano dalla Francia e in un nuovo paese…La campagna che mi circonda merita l'aggettivo di deliziosa, ma la civiltà non esiste per il povero viaggiatore, e se le ville principesche che vedo dalla finestra attestano ciò che resta della grandezza, la popolazione operaia e borghese che vegeta ai loro piedi sembra non accorgersene nemmeno.
La città è comunque bella, non solo per il lato pittoresco e per le rovine sospese sopra i burroni, ma bella in sé. È molto bene strutturata e costruita. Si entra da una porta fortificata che ha del carattere; la piazza, tipicamente italiana, con la fontana e la basilica, promette un'importanza, un'estensione e un'agiatezza che non esistono. Ma è così in tutti i piccoli paesi dello Stato della Chiesa: sempre una bella entrata, monumenti, qualche grande casa dall'aspetto signorile, qualche villa elegante e qualche ricco monastero che ha alcuni quadri di grandi pittori da mostrare, e poi, come città, una borgata dall'aria abbastanza buona, popolata di stracci, che all'interno racchiude una miseria sordida o una notevole sporcizia.
Sono entrato in una ventina di case per trovare un angolo dove potermi stabilire, e Dio sa se uno come me, cresciuto in un povero villaggio di contadini, ha pretese aristocratiche. Ovunque ho trovato il tipico contrasto di questo paese, un inutile lusso nei decori in mezzo all'indigenza assoluta, alla mancanza delle cose più necessarie per vivere. Nella casa più povera, sculture e pitture: da nessuna parte, a meno di pagarli un prezzo esorbitante, un letto pulito, una sedia con le sue quattro gambe, una finestra con tutti i vetri…”