Rodolfo De Mattei Notte di natale in San Pietro

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..Qualcuno ha spalancato le negre porte del coprifuoco, ci si può tuffare liberamente nella capace piscina della notte. Basta seguire la corrente, come dev'essere accaduto nella notte di Betlem. Beninteso, anche allora, come certo anche adesso, c'è stata gente che ha preferito il sonno, voltandosi sull'altro fianco, o uno spasso d'occasione. A quest'ora, non mancheranno farfalle svolazzanti attorno a cari fuochi. Facciano, la mia corda tira dalla parte della grossa Basilica accovacciata laggiù. So poco, in sostanza, della mia cifra; ma non c'è dubbio che una sorta di richiamo della foresta sacra, connesso a occulti remoti ritmi, ha ragione di me in certe culminanti occasioni, fa valere su di me i diritti dell'Apostolica Sede.
Insomma,non baratterei in nessun modo questo appuntamento col Vescovo di Roma. C'è poco da fare, so di appartenere all'ecclesia, alla grande universitas fidelium. È peraltro la comunità, quest'anonima folla di collegati, che mi conduce meccanicamente e mi deposita pari pari in San Pietro.
La notte è fredda ma tersa; ampia assoluta padronale. Il Natale è notturno, come la Pasqua è meridiana. La Chiesa ha da fare col Sole e con la Luna, con la Notte e col Giorno, li ha associati rigorosamente e separatamente ai suoi misteri. E s'intende che la Resurrezione sia un rito solare, come la Natività sia un teorema notturno. L'Infante esce dalla tenebra come il creato sorte dal caos. Così viene fissato un punto geometrico, un caposaldo, immobile e permanente. È naturale che gli uomini, .consci del proprio buio, vi si dirigano continuamente. Il viaggio notturno di Natale alla volta di un altare illuminato riproduce questo impulso. A voi: la Chiesa vi propone ogni anno, pazientemente e impassibilmente, l'inamovibile rappresentazione Dio che si fa uomo in quel Pargolo da cui uscirà il Sermone della Montagna. Il mistero figura terzo fra i gaudìosi, ma non è questione di festa; la Chiesa vi inviterà all'alleluia per la Pasqua: per la Natività fa appello agli uomini di buona volontà, vi impegna piuttosto alla concentrazione, direi Yi mette agli studi, vi fa cominciare l'anno scolastico. In Aracoeli, a Natale, si tien cattedra: il Pargolo vien circondato da bimbi, che recitano i loro sermoncini, ascoltatissimi dai grandi. E come un recupero di prime definizioni. Renan vi si recò, ma troppo ravvolto nel suo mantello scientista, se ne stette sulle sue, non si commosse. Eran tempi ancora più o meno in equilibrio, con abbastanza certezze a portata di mano, tutto andava pel meglio. A questi giorni lo vorrei, Renan; vorrei che il Maestro di Camera dei Sacri Palazzi rilasciasse anche a lui un biglietto d'accesso alla Basilica, dove il Papa celebrerà la messa di mezzanotte. In cent'anni il mondo ha camminato, ma in questi ultimi quattro anni eserciti inesorabili hanno camminato anche più del mondo, e tuttora marciano. Non si sposta lei, la Basilica, come un'Isola Fortunata fuori da ogni storia e geografia.

Vediamo di raccapezzarci. Questo globo luminoso sospeso nella notte natalizia si chiama San Pietro in Vaticano; e, più che nella notte di Roma, è sospeso nella notte del mondo. Il furioso alterco degli
uomini investe ormai tutta la terra, non vi si sfugge. La piena alluvionale lambisce fin la scalea della Basilica, che per fortuna è robusta e a tutta prova. Qui dentro siamo come a secco e al sicuro, ma fuori la zuffa non si arresta; se mai ingagliardisce. Non s'è trovato ancora un rimedio per placarla. Cosa contrapporle? Pare, questi canti argentini, che si levano dalle navate quali lucide farfalle, e reagiscono a modo loro al vasto rumor di ferraglia. Se è notte d'esperimento e d'ultima prova, mi trovo dunque nella solenne officina.

Le voci bianche hanno un loro vocabolario, una loro fissità, una loro inerme fantasia: è una sorta di lingua privata di cui afferro il timbro più che le parole, ma che qua dentro è la lingua nazionale,
favella della succursale terrena della città di Dio. Ovviamente, non è possibile misurare questo gergo con quello delle gazzette esterne. Qui abbiamo da fare con un singolare inquilinato: santi, fondatori di ordini, martiri, confessori; si può contestare loro il diritto di usare la loro parlata? Vedo, peraltro, che quanti si è qui stipati ci si sforza d'intenderla, di balbettarla. In fondo, in ognuno di noi c'è l'alunno, solo che con gli anni è divenuto scontroso, pigro, restio. Ma quale immensa classe mista, qua dentro, quale improvvisa scolaresca internazionale! Non conosco il mio vicino, non so da dove venga, mi basta sapere che ascolta la mia stessa lezione. Nella enorme aula, le canore farfalle bianche volteggiano, ci sfiorano. Tentiamo di farle nostre, ma la cosa non è facile.
Perciò il Vicario di Cristo in persona è sceso a mezzanotte a San Pietro, e celebrerà in mezzo a noi.
" Noi" è stavolta un immenso plurale, dall'ardua definizione. Le più estreme provenienze si toccano. L'Arizona e il Sudafrica, la Polonia e la Nuova Zelanda, il Brasile e il Marocco, l'Italia e il Canadà
sono qui a contatto di gomito. Il Mississipì e il Gange, il Tamigi e il Rio della Plata confondono qui le loro acque. Pacatamente, logicamente, la Basilica si palesa lo smisurato "ostello di Dio".  "Noi "
vuol dire la "respublica christiana ", la congregazione dei fedeli. La carta d'identità personale diventa qui unica per tutti. La parola "universalità" riceve qui il suo senso. Occorreva non meno del trambusto attuale, per realizzare questo fatto? Veramente, nell'Anno Santo s'era visto qualcosa di simile ma stavolta la faccenda ha ben altro spessore e valore. La grande, urgente adunata è all'insegna dell'apocalissi, dello scatafascio e del punto di morte. Gli autocarri che solcano la notte a guisa di saette, per rovesciare-·in San Pietro migliaia e migliaia di armati, pare non vogliano mancare un appuntamento. decisivo. Il  "noi"  acquista il carattere perentorio dell' "ora o mai più". Vediamola in faccia, finalmente, l'universalità, se è lei e se c'è da farne qualche cosa.
Perciò nella Basilica non c'è risparmio di luce. Si sia tutti allo scoperto. Abbagliante, sferzante, fotografica luce. Fuori vi sarà ombra fitta, ma qui bisogna riconoscersi in viso, manifestarsi, guardarsi addentro come nelle radioscopie. E vedere una buona volta se io e iì mio vicino siamo la stessa cosa, la stessa biblica creta, talchè il litigio sia inammissibile. L'uomo è lupo all'uomo finchè si tratta di due
uomini. Ma se nei due si potesse riconoscere e perfezionare I'"uno "?

Al suono delle trombe d'argento, il Pontefice ha percorso la Basilica, issato sulla sedia gestatoria. Non si tratta di pompa orientale, ma di pienezza di responsabilità gerarchica. Egli deve esser ben visto,
riconosciuto, ricordato da tutti; deve impartire dall'alto la sua formula. Lo "scalino più in su" è quello, necessario, del podio. Anche  l'altare ha i gradini. Ma sull'altare, sia pure assistito da quattro accoliti, Papa Pacelli non è altro che un sacerdote cattolico addetto alla sua messa. Lo distinguo benissimo, distinguo le sacre suppellettili luccicanti, il moto della sua persona, i gesti delle sue mani. Sono i gesti rituali d'ogni celebrante, minuti precisi metodici.

Non possono sgarrare. A tratti, le palme si aprono come ali, che poi si richiudono. E il Messale, consultato ora a destra ora a sinistra, gli risponde puntualmente. Non si sarà mosso diversamente da lui, mille e più anni fa circa, Papa Leone in un'altra notte di Natale, nella Basilica costantiniana ch'era al posto di questa: soltanto, c'era Carlomagno ai piedi dell'altare. Ma ora c'è qualche cosa di più: c'è, attorno all'altare, il campionario umano, l'ambasceria ideale d'ogni paese, il vecchio e il nuovo mondo spalla a spalla.
Quel tanto di spettacolare che fornisce l'insieme (il baldacchino rutilante, uniformi, alabarde, porpore cardinalizie, folla multiforme) vieta, forse, il raccoglimento (a me, uomo dalle antenne inquiete, non
però alla mia assorta vicina); tuttavia c'è pur da contare sull'aura che ci avvolge, e che, pel solo fatto di sfiorarci, determina una partecioazione di molecole, uno scambio, un circuito generale, un'inconscia adesione. Siamo come il sistema vascolare di questa chiusa notte sampietrina. Il moto diverso di ciascuno, dentro la Basilica. si ricollega per vie difformi a quello dell'altro. Non importa se uno entri o esca, se uno svenga o si comunichi, se uno parli o taccia: quel che conta è l'articolazione generale, la complessiva tavola umana.
La mia vicina non perde la testa, segue la funzione sul suo libro da messa, per nulla stordita dall'autorità del celebrante e dalla eccezionalità del convegno. Leggo di sbieco sulla sua pagina aperta i Versetti del Salmo secondo: "Quare fremuerunt gentes, et popull meditati sunt inania? ", e, accanto, la traduzione: "Perchè questo agitarsi di nazioni e queste vane trame di popolo? ". Domande da torcersi le dita, oggi che s'è in pieno subisso; ma come, che cosa rispondere? Il diluvio non si processa, non c'è che eia sperar sull'arca. Mi pare che Veuillot vedesse appunto il Pontefice in funzione di Noè: Pietro che da pescatore si fa battelliere. E mi viene in mente che lo stemma di questo Pio XII reca una colomba con l'ulivo nel becco, alta sulle acque. Mi pare altresì che Veuillot dica: "l'Europa ha bisogno di Pietro", e parlava ottant'anni fa all'incirca. Ora, in ogni caso, sarebbe addirittura questione, più che dell'Europa, del mondo.

Uscito quatto quatto dalla Basilica, cammino sul filo della notte di Natale quasi con circospezione, come si trattasse di non cadere.
Stanotte, credo non cammini nessuno con sicurezza. Si è tutti in bilico, pure il mondo direi che è in bilico. Nella Basilica incandescente, i canti latini e stranieri han fluttuato quali garze soavi, ma adesso
che si è fuori ci si ritrova ricacciati in un oscuro cassetto del mondo, s'è ricaduti in balìa di una tenebra muta che non promette nulla di buono. Mi dirigo zitto a casa, ma da un pezzo anche la casa è un ·opinione. Il mondo gira o rotola per conto suo, le mie intenzioni non lo riguardano. Bandiere ambiziose e veli funebri si agitano e mescolano nell'aria. Cammino a tentoni, e mi ritrovo nei panni del notturno pastore errante nell'Asia.

 
De Mattei Rodolfo, Labirinto romano, Firenze, Vallecchi, 1954
BIBL CMRC C 288
 
Immagine: Le Pape priant dans Eglise de St. Pierre, Thomas Antoine Jean Baptiste
 
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